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Eredità: si può vendere al coniuge di un altro erede?

20 Giugno 2018
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Eredità: si può vendere al coniuge di un altro erede?

Il diritto di prelazione non scatta quando l’acquirente è il marito o la moglie di uno degli eredi ed è con questi sposato in regime di comunione dei beni.
Alla morte di un parente, dopo aver accettato la tua parte di eredità, decidi subito di venderla. Si tratta della quota di un immobile del quale non sapresti che fare visto che gli eredi sono già tanti e ciascuno ha una minima percentuale del bene. Così frammentata, la proprietà non è utile a nessuno. A volersi rendere acquirente è però il marito di una tua sorella, anch’ella erede, la quale ha già una quota dell’immobile. In questo modo i due potrebbero cumulare le proprie quote e avere una maggiore disponibilità sul bene. Così decidi di andare dal notaio a fare la cessione. Senonché, gli altri eredi (che vorrebbero acquisire per loro la tua quota e maggiorare così la loro proprietà sulla casa) si oppongono: sostengono infatti che, prima della vendita a un estraneo, dovresti garantire loro il diritto di prelazione. Così ti chiedi: in caso di eredità, si può vendere al coniuge di un altro erede la propria quota? La risposta è stata formulata dalla Cassazione nei seguenti termini [1].
Il diritto di prelazione in caso di vendita della quota di eredità

Il codice civile prevede quello che tecnicamente viene definito retratto successorio: in pratica, se uno degli eredi intende vendere, a un soggetto che non è un erede, la propria quota della successione deve consentire agli altri eredi il diritto di prelazione ossia di poter formulare una stessa proposta di acquisto alle medesime condizioni e di essere preferiti rispetto all’estraneo.

A tal fine, il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di vendita, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.

Il diritto di prelazione degli altri coeredi non si applica in caso di donazione (e non di vendita) della quota ereditaria.
Si può vendere la propria quota di eredità al coniuge di uno degli eredi?

Veniamo ora al problema da cui siamo partiti. Se l’acquirente dovesse essere il coniuge di uno degli altri coeredi e i due fossero sposati in regime di comunione dei beni, si potrebbe parlare di una vendita a un estraneo? Il dubbio sorge giustamente per via del fatto che tutti gli acquisti fatti da uno dei due coniugi dopo il matrimonio ricadono in comunione. Per cui si avrebbe che, in realtà, la cessione della quota andrebbe ad avvantaggiare, al 50%, uno degli altri coeredi ossia il coniuge in comunione.

Ebbene, secondo la Cassazione, che sul punto si era già espressa in passato , il coniuge di un coerede, con questi sposato in regime di comunione legale dei beni, non è un perfetto estraneo proprio per via dell’automatico passaggio di proprietà del bene acquistato (in questo caso la quota ereditaria) alla predetta comunione e, quindi, anche all’altro erede. Pertanto la cessione nei suoi riguardi della quota ereditaria può essere liberamente eseguita senza bisogno di garantire il diritto di prelazione e, quindi, senza dover fare la comunicazione preventiva agli altri coeredi.

In materia di successione ereditaria, dice la Suprema Corte, lo scopo del diritto di prelazione previsto dal codice civile è quello di evitare l’ingresso di estranei nella comunione tra più coeredi; questa previsione però deve contemperarsi con il regime della comunione legale secondo cui tutti i beni acquistati dai coniugi, insieme o separatamente, sono destinati a cadere automaticamente in comunione. Ciò comporta la contitolarità del bene tra i coniugi che, come ribadito dalla Suprema Corte, non implica l’ingresso di un estraneo nella successione.

Del resto, ragionando diversamente, si avrebbe che nessun coniuge, sposato in comunione dei beni, potrebbe acquistare una quota di eredità visto che la stessa finirebbe sempre per metà al marito o alla moglie. Diversa sarà ovviamente la situazione se la coppia è in regime di separazione dei beni: in tal caso il coniuge è un terzo alla comunione ereditaria e non potrà acquistare prima che sia stata data possibilità, agli altri coeredi, di esercitare il proprio diritto di prelazione.

Resta fermo che, se la situazione fosse inversa, ossia se ad acquistare la quota ereditaria fosse il coerede, il coniuge di questi, benché in comunione, non ne acquisterebbe la comproprietà; e ciò per il semplice fatto che tutto ciò che viene ricevuto per eredità dopo il matrimonio da uno dei due coniugi, non cade mai in comunione.

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