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Comunione: casa acquistata dal marito è anche della moglie?

14 Ottobre 2018
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Comunione: casa acquistata dal marito è anche della moglie?

Quali diritti puoi vantare sull’immobile acquistato dal coniuge in costanza di matrimonio?

Quando c’è amore tra due persone, nessuno pensa mai al patrimonio di uno o dell’altro. Ma non in tutti i matrimoni il sentimento permane (in alcuni non è mai esistito) e, quindi, il coniuge distaccato non può far altro che pensare a degli aspetti che prima erano di secondaria importanza. Di certo, se stai leggendo questo articolo, sei interessata a capire se un domani, in caso di separazione dal tuo partner potresti vantare un qualche diritto sugli acquisti compiuti da quest’ultimo durante il matrimonio o se, viceversa, quei beni rimangano nella sfera economica esclusiva del tuo coniuge. In questa sede, dopo aver esaminato la disciplina codicistica patrimoniale del matrimonio, ci soffermeremo su quello che rientra e quello che, invece, rimane fuori dal connubio matrimoniale, per poi rispondere alla domanda che ti stai ponendo in materia di comunione: casa acquistata dal marito è anche della moglie?

Indice

1 In cosa consiste la comunione dei beni?
2 Cosa rientra nella comunione dei beni?
3 Cosa non rientra nella comunione dei beni?
4 La casa acquistata dal marito entrerà nel patrimonio della moglie?
5 Cosa può fare il coniuge acquirente per evitare questo?

In cosa consiste la comunione dei beni?

Con il termine comunione dei beni si suole indicare un accordo tra i due coniugi con il quale si stabilisce che i propri beni formeranno dal momento del matrimonio patrimonio comune, con stessi diritti e obblighi nascenti in capo a marito e moglie.

Un tempo, la comunione legale doveva essere preventivamente scelta dai contraenti in matrimonio; in mancanza, il regime che si instaurava era quello della separazione dei beni.

Con la riforma del diritto di famiglia, avvenuta nell’oramai lontano 1975, il legislatore ha deciso di impostare, come regola generale, quella della comunione dei beni per tutti i coniugi che non avessero scelto a quale regime aderire.

Pertanto, nel caso in cui non volessi aderire a questo speciale regime, comportante la miscela patrimoniale tra te e il tuo coniuge, occorrerà preliminarmente indicare al sacerdote, nel caso di matrimonio concordatario, o all’ufficiale di stato civile, in caso di matrimonio laico, il diverso regime della separazione dei beni coniugali.
Cosa rientra nella comunione dei beni?

Secondo quanto stabilito dal legislatore [1], costituiscono oggetto della comunione:

gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Diversamente, qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concernerà solo gli utili e gli incrementi.
Cosa non rientra nella comunione dei beni?

Ma proprio tutti i beni rientrano nel regime di commistione patrimoniale? La risposta è negativa.

Il nostro codice civile ha, infatti, specificato quali sono i beni che non costituiscono oggetto della comunione e che, quindi, devono essere considerati beni personali del coniuge [2]. L’elenco comprende:

i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;
i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

Inoltre, non cade in comunione legale la casa che, promessa in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferita a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo e il coniuge era stata pronunciata la separazione. Infatti, in questo caso, la comunione legale fra i coniugi riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di un immobile, non sono suscettibili di cadere in comunione [3].
La casa acquistata dal marito entrerà nel patrimonio della moglie?

Arriviamo al nocciolo della questione.

Da quanto espresso dal legislatore, secondo cui gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali, ricadono all’interno della comunione legale, l’immobile acquistato dal marito in costanza di matrimonio non potrà che soggiacere agli effetti di tale regime patrimoniale, a meno che questi non venga considerato un bene esclusivamente personale del singolo coniuge.

Stessa fine faranno gli immobili acquistati per usucapione da uno solo dei coniugi, durante il matrimonio, in vigenza del regime patrimoniale della comunione legale: questi entreranno a fare parte della comunione stessa, non distinguendo il codice tra gli acquisti a titolo originario e quelli a titolo derivativo [4].

Tra l’altro, nel calderone dei beni ricadenti in comunione, dovremo far rientrare anche il denaro personale impiegato per l’acquisto di immobile, poiché all’atto dello scioglimento del regime patrimoniale (una volta intervenuta la separazione), l’attivo ed il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi [5].

Pertanto, in caso di insorgenza di controversie in merito alla comunione di una casa acquistata dal marito, e dichiarata come bene personale, la moglie non acquirente potrà successivamente proporre domanda di accertamento della comunione legale del bene in contestazione.
Cosa può fare il coniuge acquirente per evitare questo?

A spiegare come fare per evitare tale conseguenza, non sempre gradita a chi ha impiegato anni di sacrifici e risparmi per l’acquisto di un immobile che, un domani, potrebbe essere condiviso con una persona non facente più parte della propria famiglia, è lo stesso legislatore, di concerto con la Suprema Corte di Cassazione.

Il codice stabilisce, infatti, che l’acquisto di una casa effettuato dopo il matrimonio è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto, se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge [2].

Infatti, la dichiarazione resa dal coniuge non acquirente in ordine alla natura personale di un immobile acquistato ha portata confessoria sulla provenienza del denaro a tal fine utilizzato [6], trattandosi di una dichiarazione avente natura ricognitiva e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti per l’esclusione del bene dalla comunione.

Stesso discorso andrà fatto per l’immobile acquistato dal marito in comunione legale, con denaro pervenutogli in eredità dai genitori e depositato su conto corrente bancario cointestato al coniuge. Anche qui, l’immobile non cadrà in comunione legale se la moglie, costituitasi avanti al notaio scelto per la vendita, dovesse dichiarare esplicitamente, ovvero non contestare, la natura personale del bene.

 

Autore: Salvatore Cirilla

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